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Femminicidio Manuela Petrangeli, in aula gli audio del killer: “Maledetta, devo fargliela pagare”

Durante l’udienza del processo a carico di Gianluca Molinaro, accusato del femminicidio di Manuela Petrangeli, sono stati ascoltati gli audio che l’uomo inviata ad amici e conoscenti, minacciando la donna.
A cura di Natascia Grbic
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Decine di vocali dal contenuto violento, offensivo, e paranoico. Oggi in aula, nell'ambito del processo a carico di Gianluca Molinaro, sono stati fatti ascoltare i messaggi audio che l'uomo inviava alla donna e agli amici. Frasi come "Mi sta portando all'estremo" e "maledetta, gliela devo fare pagare", detti con risentimento dall'uomo che lo scorso 4 luglio ha ucciso Manuela Petrangeli con diversi colpi di fucile. Molinaro perseguitava Petrangeli, dicendole frasi come "sei una bugiarda patologica" e accusandola di "manipolare" il figlio. Frasi a cui lei replicava, cercando di farlo ragionare, "Mi stai portando all'esasperazione, non manipolo nessuno". Un carabiniere che si trovava in caserma quando l'uomo è entrato confessando il femminicidio, ha raccontato di una telefonata ricevuta dalla madre, a cui lui ha risposto: "‘sono in caserma, quello che ho detto ho fatto".

Una decisione lucida, maturata da tempo, che l'uomo avrebbe più volte esternato ad amici e parenti. Poco prima di andare sul posto di lavoro della ex in via degli Orseolo, aveva mandato due messaggi a un amico con scritto: "oggi forse prendo due piccioni con una fava", e poco dopo il femminicidio di Petrangeli "gli ho sparato du botti". L'uomo ha detto di aver letto i messaggi quando ormai era troppo tardi.

Gianluca Molinaro è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, stalking e detenzione abusiva di arma, un fucile a canne mozze. Chi gli abbia dato l'arma, e dove l'abbia presa, rimane ancora oggi un mistero. Quando è entrato in caserma, completamente ubriaco, ha consegnato l'arma e si è costituito, ammettendo e rivendicando ciò che aveva fatto.

Per Manuela Petrangeli, non ci fu nulla da fare. I colleghi che lavoravano con lei in clinica hanno tentato invano di rianimarla, ma non ci sono riusciti. La donna è morta praticamente sul colpo a causa della gravità delle ferite causate dai proiettili. Non è riuscita a fuggire e a raggiungere la macchina, Molinaro l'ha raggiunta prima, togliendole la vita. Al processo, i genitori della donna e il figlio si sono costituiti parte civile.

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